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Frjuli: come racchiudere in una sola parola le diversità di una regione
   
Dalla primigenia cultura longobarda e dalla naturale conformazione del territorio un nuovo modo di identificare la regione Friuli Venezia Giulia
   
 

  E’ nato ‘Frjuli’ logo-marchio divulgativo-commerciale polivalente a disposizione di tutte le attività e produzioni tipiche e consono a tutte le province e zone della regione Friuli Venezia Giulia.
  Il logo vero e proprio (scritta particolare) consiste nel vocabolo graficamente sdoppiato ‘Friuli-juli’ che comunque si pronuncia ‘Friuli’.
  Il marchio (immagine grafica) è costituito da un disegno complesso in cui si fondono la sagoma della Regione e due stilemi storico-artistici della Stessa a formare un fiore con gambo e foglie.
  Il progetto che qui si presenta è una prima edizione che (come tutti i marchi ricchi di contenuti) potrà avere ulteriori evoluzioni, a cominciare dalla grafia unica 'Frjuli', soluzione finale per la quale i tempi non sembrano ancora maturi.

   In questo articolo sono presentate le ragioni che hanno portato lo staff di Friuli Tipico alla ideazione dell’uno e dell’altro.
   

Premessa sul valore e sui limiti della individualità

  L’individualità è un bene assoluto che va tutelato in ogni modo.
  Sul piano geo-economico tuttavia non è ammissibile né possibile che la collettività degli stati e delle regioni debba sostenere l’identità di territori troppo piccoli supplendo alla insufficienza di beni capacità e volontà dei loro abitanti.
  Ciò vale soprattutto oggi quando per essere attori attivi sul mercato globale occorre disporre di un minimo di risorse materiali e immateriali e di una identità univoca e semplice da percepire.
  Finora questo non è accaduto per la regione Friuli Venezia Giulia (7800 kmq, 1.200.000 abitanti), a differenza di molte altre regioni italiane e mitteleuropee. Come esempio di ciò che il Friuli avrebbe potuto (e può ancora fare) si può citare il Trentino-Alto Adige che, accortosi della ingestibilità unitaria delle sue due realtà geo-etniche, da decenni ormai le presenta sul mercato separatamente. Il risultato è che la sola provincia ‘Trentino’ (6000 kmq e 480.000 abitanti) ottiene dal turismo e dai prodotti tipici cinque volte più ricavi del Friuli Venezia Giulia (che dispone sostanzialmente di un equivalente patrimonio di tipicità).
  Una delle principali cause della arretratezza sui mercati dei beni tipici del Friuli Venezia Giulia è costituita, accanto alla frammentarietà della produzione, proprio dalla sua denominazione, talmente incomprensibile e ingestibile che gli stessi friulani spesso la sintetizzano nella ancora peggiore sigla ‘FVG’, negazione di per se stessa di individualità.
  D’altra parte anche a livello figurativo la regione attualmente non trasmette alcun messaggio attraente e significante: il disegno dell’aquila patriarcale non è un transfer valido perché non solo non esprime alcun concetto ma è anche una immagine obsoleta e troppo comune (nella Mitteleuropa vi sono ben 15 tra stati e regioni che hanno l’aquila nel loro stemma, senza contare comuni e province tra cui primeggia, ad esempio, la provincia di Trento con ben quattro aquile, che essa tuttavia si guarda bene dall'utilizzare sui mass media).

   

Perché la denominazione ‘Friuli Venezia Giulia’ non potrà mai affermarsi pienamente sul mercato globale?

  Anzitutto è troppo lunga; quindi, la presenza di Venezia è fuorviante; non rispecchia la realtà storica;e infine, la parola Giulia è superflua. Vediamo in dettaglio.
  E’ troppo lunga.
  La denominazione è composta da tre parole per 21 battute complessive: per chi le digita su una tastiera (ci sono anche tre maiuscole e due spazi) è un fastidio, soprattutto se ha presenti le dimensioni reali della regione. Per dare un’idea di questa evidente sproporzione tra nome e realtà si pensi che ‘Emilia-Romagna’ (22.000 kmq e 4.000.000 abitanti) ha 14 battute e ‘NordRhein-Westfalen’ (34.000 kmq e 18.000.000 abitanti) è, con 19 battute, il nome di regione più lungo della Germania. Da notare anche che un nome di 21 battute non viene accettato dai motori di ricerca interni di alcuni tipi di siti Internet.
  La presenza di ‘Venezia’ è fuorviante.
  La presenza della parola Venezia fa pensare (non soltanto allo straniero ma anche a molti italiani) che il Friuli Venezia Giulia sia legato in qualche modo al Veneto o comunque abbia caratteristiche ambientali e produttive simili, negando l’esclusiva peculiarità della nostra regione che proprio la lunghezza del nome vorrebbe promuovere. Ed è puerile sostenere che la parola ‘Venezia’ è utile per far capire in quale parte d’Italia siamo e per concederci (parenti poveri quali saremmo) un po' di considerazione. Lo stesso piccolo Trentino ha dismesso da tempo la analoga denominazione, tra l'altro di sapore colonialista, ‘Venezia Tridentina’.
  Non rispecchia la realtà storica.
  Nella denominazione di Friuli (province di Udine e Pordenone) Venezia Giulia (province di Trieste e Gorizia), che venne attribuita alla Regione dopo la seconda guerra mondiale, c’è una evidente anomalia dovuta al fatto che la quasi totalità della Venezia Giulia, conquistata dall’Italia all’impero Austro-ungarico nel 1918, in realtà è stata ceduta alla Jugoslavia nel 1945. La Venezia Giulia del 1918 infatti comprendeva sì le province di Trieste e Gorizia (700 kmq circa) ma la sua parte preponderante era costituita dall’Istria (3900 kmq), oggi facente parte della Slovenia e della Croazia.
  Ed è proprio l’Istria e solo essa che poteva essere identificata con la parola ‘Venezia’, in quanto la sua popolazione era in maggioranza di origine veneta e fece parte della Serenissima dal 1450 al 1797. La Repubblica di Venezia, invece, non ha mai messo piede nella provincia di Trieste (tranne che a Muggia, dove in effetti comincia la costa istriana), mentre nella provincia di Gorizia occupò il basso Isontino da Gradisca a Monfalcone soltanto dal 1420 al 1511 e la Città di Gorizia per pochi mesi nel 1508-9. Dalla caduta del Patriarcato di Aquileia nel 1420 queste due province sono praticamente sempre state dominio diretto o indiretto dell’ Impero Austriaco. Se proprio si dovesse dare una connotazione veneziana a qualche territorio della regione, essa toccherebbe alle province di Udine e Pordenone, che appartennero ufficialmente alla Repubblica di Venezia dal 1420 al 1797. Poiché tuttavia il dominio politico e culturale veneziano fu blando e limitato prevalentemente ai centri urbani maggiori, giustamente al momento della costituzione della regione si è riconosciuto che la base etnico-culturale della grandissima maggioranza della popolazione delle due province era rimasta autoctona e si è scelto di identificarle con l’antichissimo termine di Friuli. In definitiva, nell’attuale regione Venezia non c’entra per nulla ed è quindi un termine da togliere dalla sua denominazione: se non da quella burocratica ufficiale almeno da quella di uso comune, vuoi sul piano culturale vuoi su quello divulgativo e commerciale. Non per nulla in Slovenia la Venezia Giulia viene chiamata soltanto 'julijske krajine' (regione giuliana).
  La parola 'Giulia' è superflua.
  Tolta la parola Venezia, nella denominazione della Regione rimangono le due parole ‘Friuli’ e ‘Giulia’. Ma la prima, Friuli, contiene già la seconda poiché è una contrazione della dicitura ‘Forum Julii’. Quindi è, filologicamente, inutile mantenere anche la parola 'Giulia'.

Come rivedere la denominazione della Regione: da Friuli Venezia Giulia a Frjuli

  Scontata l’eliminazione delle parole ‘Venezia’ e ‘Giulia’, contrapposte ragioni di campanile, profondamente radicatesi nelle province di Udine e Trieste, suggeriscono tuttavia di mantenere nella denominazione d’uso comune della regione qualcosa che richiami le due province di Trieste e Gorizia (che peraltro hanno insieme un territorio pari solo al 9% di quello regionale) i cui abitanti amano chiamarsi ‘giuliani’. La soluzione grafico-linguistica che proponiamo è la semplice dicitura F r j u l i, da adottare necessariamente in forma graduale (si pensi, ad esempio, ai problemi inerenti ai motori di ricerca su Internet), con un primo step soltanto grafico, menre quello lessicale dovrebbe seguire in un secondo momento.

   
   
   La parola Frjuli è semplice e facilmente percepibile ma nel contempo contiene un elemento di diversità sia lessicale (emerge la distinzione tra ‘forum’ e ‘julii’) sia glottologica in quanto la lettera ‘j’ non è appartiene al vocabolario italiano (è usata soltanto in alcuni nomi propri) mentre è caratteristica della  lingua friulana e anche di quelle slovena e germanica, le cui culture sono le componenti principali di quella regionale.
  L’evidenziazione di ‘juli’ dà inoltre un sostanziale motivo di identificazione ai ‘giuliani’ che continueranno a chiamarsi così, mentre i ‘friulani’ udinesi e pordenonesi potranno continuare a definirsi in questo modo e l’insieme dei cittadini regionali saranno, senza distinzioni agli occhi del mondo, semplicemente ‘frjulani’. E lo slogan ‘tipicamente frjulano’ acquisterà, oltre a un elemento di curiosità, anche un significato regionale globale che non potrà più essere contestato neppure dalle immarcescibili fronde campanilistiche.
   

Necessità anche di un nuovo marchio divulgativo per la Regione Friuli Venezia Giulia
derivato dalla sua geografia e dalla sua storia 

  Se il nuovo logo ‘Frjuli' risolve il problema della denominazione, soprattutto verbale, della Regione, una immagine grafica innovativa è necessaria per quanto riguarda l’immediato riconoscimento del maggior numero di elementi identitari regionali. Nel caso del FVG questi ultimi sono numerosi (tre culture di base, venti zone, tutti i tipi di paesaggio: in miniatura, ma un vero e proprio universo, come riconobbe I.Nievo) e quindi non si può chiedere all’immagine che di far percepire almeno i lineamenti fondamentali evidenziando quelli più singolari.
  In questo ci aiutano sia la conformazione stessa del territorio regionale sia il suo più antico patrimonio storico-artistico.
  Sul piano della rappresentazione geografica, nell'insieme della sagoma stilizzata della regione la stretta e lunga provincia di Trieste lungi dall’essere ritenuta (come dai più fino ad oggi) un incomprensibile e ingombrante peduncolo, può benissimo richiamare la tipica, importante realtà geologica della regione le cui pianure, colline e montagne sono strettamente legate al mare, ben evocato, anche nel colore, dal lungo trait-d'union della costiera triestina.
  Sul piano storico-artistico, similmente alla Lombardia che ha adottato come marchio regionale la ‘rosa camuna’ (antichissima incisione rupestre locale) così il Friuli può presentarsi al mondo con il ‘fiore longobardo' (che può anche essere ‘pianta’ con chioma composta da foglie e frutti) con relative foglie: sono i due stilemi che più ricorrono nelle fasce decorative in stucco del tempietto longobardo in Cividale del Friuli (metà del 700 d.C.).

  Abbinando elementi storico-artistici all’apparenza elementari (ma unici nel loro genere) a una geografia complicata abbiamo ottenuto così un risultato che dà un senso ad entrambe: il Frjuli è una regione complessa (zona friulana e zona giuliana; fiore o chioma con otto elementi che possono acquisire, cambiando colore o sagoma, significati di molte attività e prodotti diversi) ma costituisce un soggetto unitario e, soprattutto, sempre vitale.
  Questo marchio (come pure il logo) è destinato ovviamente ad essere utilizzato soltanto a livello divulgativo e commerciale e non a sostituire lo stemma ufficiale della regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (come attuato, ad esempio, dalla contigua regione Carinzia).

Tolmezzo, 30 Aprile 2011

staff di Friuli Tipico
   
© Copyright 2012 Andrea Moro Editore Tolmezzo (UD)
 
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